L’inchiesta è uscita sul settimanale Mclean’s ad agosto e cerca di trovare una risposta ad una semplice domanda: perchè in Canada la criminalità è in calo da almeno 20 anni? Perchè nel quinquennio 2009-2013 le rapine, i furti d’auto e nelle abitazioni, le violenze aggravate sono diminuite tra il 24% e il 31%, e gli omicidi del 29%? E perchè questo calo riguarda soprattutto i giovani tra 18 e i 24 anni, la fascia di età che storicamente commette più crimini? Lo stesso fenomeno si riscontra non solo in Nord America, ma anche in Europa e in Australia.
Le spiegazioni abbondano: c’è chi chiama in causa la diffusione capillare dei sistemi di sicurezza e il loro sviluppo tecnologico, accompagnato dalla proliferazione delle telecamere urbane. C’è chi ricorre alla maggiore presenza sul territorio delle forze dell’ordine e al miglioramento delle tecniche investigative e di prevenzione, con il correlato aumento della popolazione carceraria (sembra incredibile, ma pare che tenere in galera i criminali serva a diminuire la criminalità). Ken Pease, il più acclamato criminologo inglese, docente universitario e autore di centinaia di pubblicazioni, si è fatto una diversa opinione e dice apertamente che “ci sono molte più cose interessanti da fare in casa che andare a rubare per strada”, e “proprio perchè le nostre vite si stanno progressivamente spostando dal mondo della materia al cybermondo, le opportunità per commettere crimini si riducono drasticamente’’.
L’idea non è nuova ed era venuta qualche anno fa ad un altro criminologo inglese, Mike Sutton, e allo psicologo Mark Griffith, studioso della dipendenza da videogames. Conversando in un pub, tradizionale pensatoio britannico, i due – che insegnano nella stessa università – si sono resi conto di quanto i rispettivi campi di indagine fossero correlati e hanno ipotizzato che il boom di videogames e social media spieghi la riduzione del tasso di criminalità tra i giovani. E’ il classico uovo di Colombo: se i giovani stanno a casa incollati agli schermi dei loro smartphone e dei loro tablet, ‘screenagers’ li chiamano nei paesi anglosassoni, e’ più difficile che possano diventare autori o vittime di un crimine violento.
Secondo Lawrence Katz, economista ad Harvard, questo spiega anche perche’ l’ondata di crimine prevista come conseguenza del collasso economico del 2008 non si sia verificata. Al contrario, sono aumentate le vedite di videogames ed è calata la criminalita’.
Ma non c’e’ solo la criminalita’: i giovani della generazione Z, quella dei nati dopo il 1995, si comportano meglio di quella dei loro genitori: fumano meno, hanno meno gravidanze indesiderate, si diplomano e si laureano di piu’, commettono meno furti, rapine e omicidi.
Social media e video games spezzano il ciclo vizioso che portava molti giovani a trascorrere molto tempo per strada, a commettere piccoli reati come gli atti vandalici o i piccoli furti e a passare piu’ facilmente ai crimini piu’ gravi, come avveniva in passato. Il numero di delinquenti minorili in Canada è calato di due terzi negli ultimi dieci anni, riducendo drasticamente il bacino di sviluppo dei criminali adulti.
E questo trend generale resta vero nonostante il cyberbullismo o i crimini ispirati dai videogames violenti, come il massacro nella scuola di Columbine nel 1999. Anzi, il collegamento tra diffusione pervasiva di telefoni mobili e la deterrenza al crimine si rafforza ogni giorno di piu’: chi commette un reato, o una semplice infrazione, viene spesso colto in flagranza, mentre viene ripreso dal cellulare di un testimone.
I detrattori di questa teoria non mancano: c’e’ chi considera di gran lunga prevalente nel calo della criminalita’ giovanile il ruolo della tecnologie di sicurezza, e chi osserva che questo calo ha cominciato a manifestarsi a partire dall’inizio degli anni ’90, quando ancora Facebook e la generazione Z non esistevano. I guasti potenziali e attuali del dominio delle tecnologie digitali nella vita dei piu’ giovani, dalla obesita’ sedentaria alla videodipendenza, dall’alienazione emotiva all’autoisolamento, continuano ad essere studiati diffusamente. Pero’ vale forse la pena di fare lo stesso per chiarire se tra i fenomeni del calo della criminalita’ giovanile e il boom di social media, videogames e smart phone ci sia una semplice correlazione temporale o un nesso di causalita’.