Quando si dice del puritanesimo nordamericano: porto Kate, anni 4, a lezione di nuoto. La struttura dove si tengono i corsi è avveniristica e si chiama, imprevedibilmente, H2O. E` gestita dai volontari della YMCA, associazione di ispirazione cristiana nata in Inghilterra ai tempi della Rivoluzione Industriale. Aveva lo scopo non dichiarato di tenere lontani da taverne e bordelli i giovani che, dalle campagne, affluivano in città. A parte questo, ho tutti i motivi per amare la YMCA: ha ispirato i Village People, ho fatto la ipsilon con le mani in decine di feste al liceo, i suoi istruttori hanno inventato il basket e la pallavolo.
Per qualche motivo, però, nella borsa di Kate, non c’è il top del suo costumino da bagno. Senza pensarci troppo, lascio che vada in acqua per raggiungere i compagni di corso.
L’istruttore, un ragazzo giovane con capelli a spazzola e acne d’ordinanza, si guarda intorno con qualche imbarazzo, ha la mandibola contratta, cerca con lo sguardo una Responsabile, la trova, riesce a richiamarne l’attenzione. Confabulano.
La Responsabile – sulla ventina, belloccia – si dirige verso di me e mi dice che c’è un problema. Stessa gravitas di Jim Lowell sull’Apollo 13. Mi chiede se ho il top del costumino di Kate. “No, non ce l’ho”, replico con un punta impercettibile di fastidio.
“Beh, allora non può fare la lezione di nuoto”. Le chiedo se sta scherzando. Il tono di voce mi si alza di qualche decibel. Pochi decibel, ancora. Mi chiede se sono d’accordo a farle indossare una maglietta presa dal contenitore del “lost and found”. Cerco di essere pratico e non obietto. La lezione può riprendere.
Finita la lezione, tolgo la maglietta a Kate e mi avvio verso gli scivoli d’acqua. La tipa mi segue e mi dice che non ho capito: l’obbligo di indossare il top non riguarda solo il tempo e lo spazio della lezione di nuoto, ma la permanenza complessiva nell’intera struttura.
A questo punto mi parte l’embolo: caso mai non l’avesse notato, la informo che Kate ha quattro anni, poi le chiedo se tutta questa manfrina non le sembri ridicola, se mi puó spiegare perché le bambine hanno l’obbligo di portare il top e i bambini no, e se è sicura che il bambino che sta camminando a 5 metri da noi senza reggipetto sia veramente un bambino e non una bambina. Le chiedo dove é affisso il regolamento che notifica al pubblico queste restrizioni, se abbia studiato dai Talebani. Un crescendo rossiniano di metafore, salti logici, provocazioni abbozzate. Il tutto in un Inglese progressivamente più simile al linguaggio gestuale dei sordomuti.
La ragazzotta, col tono da maestrina, attacca con l`incipit “in our culture”. “Nella nostra cultura….”. Non vuole, non può rispondere nel merito. Deve inerpicarsi sul Piano del Principio. Mi guardo attorno per vedere se qualcuno fa propria la mia causa, o se almeno manifesta il mio stesso stupore. Vedo sguardi imbarazzati ma nessuno di supporto. A quel punto, mollo la presa, prendo per mano Kate e giro i tacchi. All`uscita incrocio uno che sembra Platinette. Indossa un bikini a fiori e con quello va a fare surf sull’onda artificiale. Nessuno, giustamente, dice niente e io riesco persino a non ridere.
si, ho notato anch’io come i nordamericani vivano in questo perenne stato di split mentale, un mare in tempesta per la loro psiche, suppongo, dove l’unico appiglio è, come dici giustamente, la boa del “principio”, anche se questo va in mille pezzi quando si infrange contro la realtà fattuale. ma, come è evidente, loro non consentono mai al principio di affrontare la realtà 😉 perciò, top in piscina la prossima volta, eheh.
bel blog. in bocca al lupo lì!
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eppure la signorina in topless in spiaggia al lago ha vinto! e puo’ andare in topless quanto vuole in spiaggia e praticamente anche in citta’ se trova un uomo a torso nudo “downtown”…. le bylaws le hanno dato ragione!
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